giovedì 11 dicembre 2008

Balbiana, colline e cementificazione

Domenica 16 Novembre 2008 BRESCIA OGGI

IL TEMA. L’eccessiva cementificazione preoccupa gli ambientalisti del Parco delle Colline e la Soprintendenza. Dal caso Balbiana alle mire dei costruttori
L’accusa: «Qui in tre anni superati i 100 mila metri cubi»


Balbiana è solo la punta di un iceberg di cemento che sta invadendo una zona di grande pregio naturalistico come quella di Manerba. Un giro d’affari, quello urbanistico, che - secondo molti osservatori (sul tema il Garda si è guadagnato recentemente anche un’inchiesta del settimanale "L’Espresso") - richiama sulle sponde del lago oltre ai soliti speculatori, anche l’attenzione della criminalità organizzata.
Secondo le associazioni ambientaliste, i veri problemi stanno a monte. Fra gli altri, la possibilità concessa agli enti locali di coprire le spese correnti con gli oneri dei permessi a costruire.
Tra i casi più recenti registrati a Manerba, c’è la vicenda del sentiero collinare di Balbiana trasformato in una strada battuta da camion e ruspe per raggiungere un albergo in costruzione in vicolo del Poggio. È una delle questioni più clamorose, ma non certo l’unica a mettere in allarme associazioni ambientaliste, Soprintendenza, Prefettura, forze dell’ordine, addirittura la Provincia di Brescia. Tutti in allarme. Secondo fonti vicine al Broletto, l’ex assessore al territorio Aristide Peli avrebbe comunicato in una lettera proprio al comune di Manerba di aver individuato negli strumenti urbanistici adottati dall’amministrazione «almeno 53 anomalie da regolarizzare in contrasto con il Piano territoriale di coordinamento provinciale», il documento che detta le regole della tutela del paesaggio.
«Nel solo comune di Manerba da tre anni a questa parte la cementificazione ha superato i 100 mila metri cubi. Gran parte delle strutture realizzate partono senza autorizzazioni, e senza il parere della Soprintendenza. Poi i lavori vengono sospesi in attesa delle sanatorie che giungono puntualmente» afferma Enzo Bertelli, tecnico della società Gimimex, che ha sollecitato vivamente tutte le istituzioni affinché intervenissero sulla vicenda Balbiana e non solo su quella. Un impegno non scevro da rischi se è vero che Beretelli è già stato oggetto di minacce (una nel bel mezzo del paese).
«Nell’aprile 2008 - dice Bertelli - è stata rilevata nell’area della Balbiana una presenza di mercurio oltre i limiti consentiti dalla legge». Le ordinanze di ripristino ambientale del sentiero emesse nei mesi scorsi da Sovrintendenza e assessorato provinciale all’Ambiente sono sempre state disattese: «Tutta la zona deve tornare com’era - dice Bertelli -. La strada va eliminata».Circa 15 mila metri cubi di terra sono da riportare indietro: «stiamo aspettando le ruspe - prosegue Bertelli - siamo attenti e vigli non ci toccano minacce più o meno velate». Le speculazioni edilizie sembrano di casa nel basso Garda dove, da tempo, le associazioni ambientaliste (come il Comitato per il Parco delle Colline moreniche del Garda) denunciano abusi e irregolarità. Non tutto infatti pare trasparente: in molti comuni «le amministrazioni - dice Bertelli - negano l’accesso alla documentazione anche ai membri dell’opposizione».F.AP.

venerdì 28 novembre 2008

Contaminata riva San Vito a Sirmione

da Bresciaoggi.it di Maurizio Toscano

LA DENUNCIA. Le associazioni ambientaliste del Basso Garda presentano un esposto per due gravissimi episodi, avvenuti all’altezza di due cantieri edili sulla penisola Sirmione, così si uccidono i canneti. Contaminata la riva San Vito su circa seimila metri quadri. Distrutto il 40 per cento della flora acquatica tutelata

Ci risiamo. Un altro scempio ambientale si registra sulla costa del lago di Garda. Stavolta è il turno di Sirmione dove il maestoso canneto di S. Vito, uno dei maggiori dell’intero bacino gardesano con oltre 6 mila mq di superficie, è stato devastato forse irrimediabilmente. Un episodio doloso, pochi i dubbi. E ora si dovranno accertare le responsabilità. Il 19 ottobre scorso, denuncia il presidente del Comitato per la tutela di punta Grò, Laura Simeone, al quale si sono unite le associazioni Roverella, Italia Nostra, Legambiente del Garda e Comitato parco colline moreniche, è stato scoperto «nel canneto antistante il cantiere di S. Vito uno scarico di acque reflue, presumibilmente provenienti dall’attiguo cantiere edile. Visivamente - prosegue l’esposto trasmesso alla Forestale, al Comune, ai Noe, ai Carabinieri e agli assessorati provinciali all’ambiente e al territorio - si nota che la porzione centrale del canneto, proprio in corrispondenza dell’arrivo di una tubazione, è contaminata e con le piante completamente disseccate». La documentazione fotografica, realizzata da una barca e da un aereo, non lascia adito a dubbi se confrontata con altre fotografie risalenti al marzo 2007 (prima dell’inizio dei lavori) in cui viene dimostrato il buono stato delle piante. Ora sarà chi di dovere ad accertare le responsabilità. Ma i sospetti degli ambientalisti puntano in una direzione ben precisa. Sempre le foto (ma c’è a disposizione delle autorità anche un filmato) mostrano come un tubo parta dalla recinzione del cantiere per sboccare sulla riva: in mesi e mesi di versamento a lago, quella parte di canneto è andata ormai distrutta. Almeno il 40% perso irreparabilmente. Le associazioni aspettano ora con fiducia un intervento delle autorità. Finora il solo assessore provinciale Enrico Mattinzoli ha ringraziato i firmatari dell’esposto.

sabato 15 novembre 2008

Nasce l'osservatorio sul consumo di suolo

Una iniziativa INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e Legambiente.

Le Province della 'Bassa' lombarda sono la nuova terra di conquista del cemento

Chi più ne ha, più ne spreca. Stiamo parlando del territorio agricolo lombardo, sempre più 'terreno di conquista' per iniziative immobiliari e opere infrastrutturali che non tengono in conto il valore dei suoli: un valore che è allo stesso tempo ambientale, paesaggistico e agricolo, ma che sparisce di fronte alle rendite speculative connesse alla sua trasformazione in terreno edificabile. Di questo si è parlato al convegno organizzato oggi da Legambiente Lombardia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Regionale Lombardo.


Quanto siano speculative le rendite connesse al consumo di suolo lo si capisce dalla pressione che esse esercitano sui terreni agricoli della 'Bassa'. A Mantova spetta il titolo di 'provincia sciupasuoli'. In tutta la provincia mantovana, ogni anno, 'spariscono' 616 ettari di suolo prevalentemente agricolo, cioè una superficie pari a quella di un migliaio di campi di calcio, per far fronte ad un fabbisogno che non ha nulla a che fare con la domanda di residenza: infatti, con una popolazione che è appena un decimo di quella della provincia di Milano, a Mantova si consumano ogni anno 16 metri quadri di suolo per abitante (a Milano il dato pro capite è 2,4 mq). Ma nella categoria 'sciupasuoli' ci sono un po' tutte le provincie della 'Bassa': Pavia e Lodi (11 mq/ab*anno), Cremona (8,6) e Brescia (8,0 mq/ab*anno). Tutti territori di conquista per una alluvione di capannoni spesso vuoti, centri commerciali con annessi parcheggi, strade. Certo, la 'bolla immobiliare' ha giocato a favore di questa crescita inflattiva di consumi di suolo, ma il dato è destinato a consolidarsi, e forse anche a peggiorare, con le previste nuove opere autostradali (Cremona-Mantova, Tirreno-Brennero, Broni-Mortara, BreBeMi) che porteranno con sé anche una crescita di valore immobiliare per i suoli in prossimità dei futuri svincoli. Le situazioni più gravi restano, come ovvio, quelle dell'area metropolitana che da Varese e Milano si estende ormai senza interruzione fino a Brescia, provincia in cui il dato del consumo di suolo è in assoluto il più alto della Lombardia (929 ettari all'anno nel periodo 1999-2004), di poco superiore perfino a quello milanese che tuttavia presenta una situazione ormai consolidata di cementificazione pervasiva, specie nel quadrante nord. Tuttavia il dato delle province meridionali lombarde è preoccupante perchè indica una tendenza alla crescita del cosiddetto sprawl urbanistico, un termine anglosassone che significa 'sparpagliamento' disordinato degli insediamenti e che porta con sé costi ambientali crescenti, a partire dall'aumento della mobilità commerciale e privata, e quindi dell'inquinamento atmosferico, ai danni di un territorio agricolo che è tra i più fertili e produttivi d'Europa.


I primi dati raccolti ed elaborati dal DiAP (Dipartimento di Architettura e Pianificazione) del Politecnico di Milano, nell'ambito del costituendo Osservatorio Nazionale sul Consumo di Suolo promosso da INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e Legambiente, parlano di una Lombardia che consuma quasi 5000 ettari di suolo ogni anno, pari a circa 140.000 metri quadri di terra Lombarda che ogni giorno vengono coperti di cemento e asfalto.


“Suolo e acqua sono le risorse naturali più preziose di cui dispone la nostra regione – commenta Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia –, il suolo in particolare è una risorsa non rinnovabile e che quindi, una volta consumato, non sarà più disponibile per le generazioni che verranno. Occorrono politiche e norme efficaci contro la dilapidazione del patrimonio territoriale lombardo, che purtroppo è favorito dai comuni per i quali le concessioni di nuovi volumi edificabili rappresentano il modo più facile per fare cassa”.


Per raggiungere l'obiettivo della tutela dei suoli, Legambiente propone di attuare la 'compensazione ecologica preventiva': si tratta in pratica di vincolare ogni trasformazione di suoli alla realizzazione di interventi di riqualificazione e cura del paesaggio attraverso azioni di rinaturazione, per responsabilizzare il settore delle costruzioni e incentivare l'edilizia della ristrutturazione e del riuso delle aree dismesse rispetto a quella che occupa territori 'vergini'.


“Sono sempre di più i Paesi europei che mettono in campo norme rigorose per preservare le proprie risorse di natura e paesaggio connesse con la conservazione del territorio rurale – conclude Di Simine -. In Italia e in Lombardia non esiste ancora nulla di simile, ma non c'è tempo da perdere se vogliamo impedire che la nostra regione diventi una distesa caotica di piastre commerciali, autostrade e parcheggi”.

sabato 4 ottobre 2008

MANERBA. «I pannelli fotovoltaici non sono antiestetici»

da bresciaoggi.it di Sergio Zanca

Il Tribunale amministrativo regionale di Brescia ha sospeso l’efficacia di un decreto del Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici Luca Rinaldi che lo scorso giugno aveva annullato l’autorizzazione rilasciata dal Comune di Manerba per la posa di 500 pannelli solari da 0,80 x 1,60 metri (superficie di 632 metri quadri), da collocare sul solaio di copertura del complesso edilizio in via Boschetti, località Solarolo.
GLI EDIFICI sono suddivisi in due blocchi, uno con destinazione residenziale (zona B1 di completamento) e uno adibito a casa per anziani (zona F2 attrezzature sociali). L’impianto è progettato per produrre energia elettrica da cedere in rete. L’annullamento deciso da Rinaldi «si basava su presunte carenze documentali e istruttorie e sulla sottovalutazione degli elementi di criticità ambientale e del disturbo visivo». Il Tar (presidente Sergio Conti, consigliere Mario Mosconi, estensore Mauro Pedron) ha detto di non essere d’accordo. «Il progetto – leggiamo nella sentenza - è corredato degli studi necessari per l’analisi dell’intervento edilizio, tra cui la relazione paesistica, che prende in considerazione i livelli di tutela esistenti».
E ancora: «L’inserimento di impianti tecnologici in zone vincolate che tutela i valori estetici di un quadro d’insieme deve essere valutato tenendo presente la natura e la finalità di tali impianti.
L’uso di pannelli fotovoltaici è attualmente considerato desiderabile per il contributo alla produzione di energia elettrica senza inconvenienti ambientali. Questo modifica, almeno in parte, il giudizio estetico. Pertanto la presenza di pannelli sul tetto di edifici esistenti, pur innovando la tipologia e la morfologia della copertura, non va percepita esclusivamente come un fattore di disturbo visivo».
IL RICORSO al Tribunale amministrativo era stato presentato dalla srl Manerba Investimenti, rappresentata dall’avvocato Giovanni Onofri. La società pubblica, presieduta dall’ex sindaco Isidoro Bertini, che si avvale della collaborazione di Energetica, l’agenzia di Artogne, ha puntato grosso sulla installazione dei pannelli solari.
«Per ragioni di convenienza e risparmio fiscale –ha avuto modo di ricordare Bertini - il municipio ci ha incaricato di acquistare 17 appartamenti (a un prezzo inferiore del 40% a quello di mercato) nella struttura casa albergo per anziani «Le farfalle». Abbiamo acceso un mutuo che pagheremo con gli affitti. Senza dimenticare che il valore degli alloggi si rivaluta nel tempo». Sul tetto, i pannelli. Bocciati dalla Soprintendenza e promossi dal Tar.

MANERBA. Quattro progetti tornano in pista.

La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Brescia, Cremona e Mantova non ha molta fortuna con Manerba. La snc «Il ginepro» di Angossini & c., difesa dagli avvocati Italo Ferrari, Francesco e Gianfranco Fontana, ha ottenuto l’annullamento del decreto contrario all’autorizzazione rilasciata dal Comune per costruire un nuovo edificio residenziale in via Pisenze, vicino alla rocca, in zona B3 (di completamento). Motivo: il lago è distante, inoltre esistono barriere vegetali. Inoltre il riporto di terra per un metro sopra il piano di campagna è consentito dal Prg. Identica sentenza a favore della sas «Sil» di Alessandro Fada & c., affidatasi allo stesso studio legale, sempre a Pisenze.
HA AVUTO ragione anche Pasqua Pirlo Bocchio (avvocato Alberto Luppi) che si era vista bocciare dalla Soprintendenza un piano di recupero per ristrutturazione e sopralzo di un edificio in località Solarolo. «Il Comune – sostiene il Tar - non ha sottovalutato gli elementi di disturbo apportati dall’intervento, in particolare per quanto riguarda l’ingombro visivo e la modifica dello skyline, ma ha chiarito che le innovazioni si integrano nel contesto del centro storico. A questo risultato concorre l’uso di elementi architettonici tradizionali (copertura a falde con manto in coppi, serramenti in legno, archi, intonaco con pigmentazione coerente)».
È andata bene anche alla sas «Alma» di Luciano Romano (avvocato Luppi), che intendeva costruire tre edifici residenziali, per un totale di dieci unità abitative, nell’ambito del piano di lottizzazione «Ai colli». «La modifica dell’andamento del terreno è limitata, e non cambia la percezione della collina morenica», sostiene il Tribunale amministrativo.S.ZA.

venerdì 3 ottobre 2008

LONATO. Maguzzano è salvo


Grande vittoria per tutti i lonatesi e gli amanti del Lago di Garda.
I terreni adiacenti la Chiesa abbaziale (del 1491-1496) di Maguzzano di Lonato sono stati vincolati da un'ordinanza proveniente dal sovrintendente di Brescia, che in questo modo salvaguardia l'ultimo spicchio di verde scampato dallo scempio della cementificazione sul Basso Garda.
In passato erano intervenuti illustri cittadini lonatesi a difesa della zona, tra questi Roberto Vecchioni e Vittorio Messori. Quest'ultimo, già giornalista del Corriere della Sera e più volte intervistatore di Papa Giovanni Paolo II, per il solo fatto di aver difeso in tutti i modi i terreni verdi di Maguzzano, ha confessato che «già due volte hanno spaccato i vetri della mia macchina parcheggiata fuori dall’abbazia e, tanto perché fosse chiaro che non si trattava di una ragazzata né del solito tentativo di furto, mi hanno lasciato un biglietto dentro l’auto».
Anche "Il Giornale" proprio due mesi fa scriveva delle minacce ricevute da Messori e dichiarava che questi messaggi spediti a chi ha difeso a spadatratta la bellezza del paesaggio di Maguzzano erano chiari segnali inviati dalla mafia nostrana e d'importazione. Comitato d'affari che agisce in tutto il Lago di Garda, senza mai essere scoperto.

martedì 23 settembre 2008

Allarme sul Garda «Stop all' ecomostro»

Un hangar di cemento sul porto di Moniga

MONIGA DEL GARDA (Brescia) - Quell' hangar non s' aveva da fare. La Soprintendenza ai beni architettonici e del paesaggio l' aveva detto non una, non due, bensì tre volte. Eppure, quel parallelepipedo di cemento di 60 metri per 70 e alto sei (anche se in parte interrato), è lì da vedere, dirimpetto al porto di Moniga. Con i suoi 350 posti barca sotto e i 136 posti auto sopra, nel parcheggio ricavato sul tetto e di proprietà del Comune. Alla faccia della Soprintendenza secondo cui la costruzione «altera le lente ondulazioni della collina che scende a lago». Per gli ambientalisti di Italia Nostra, Legambiente, circolo Roverella Padenghe e Comitato per il parco delle colline del Garda, che hanno sollevato il caso, è uno scandalo. Di più, un male estremo che richiede un estremo rimedio: l' abbattimento. Lo dice Rossana Bettinelli, presidente della sezione bresciana e vicepresidente nazionale di Italia Nostra: «Non ci si può limitare a una multa, altrimenti tutti penseranno che sul Garda si può costruire tutto quel che si vuole, anche contro il parere della Soprintendenza, tanto poi si sistema tutto con qualche soldo e dei buoni avvocati». Non si sa se il soprintendente Luca Rinaldi arriverà a far usare esplosivi o caterpillar. Ma, di sicuro, usa parole pesanti («vien da pensare che le stesse amministrazioni incoraggino l' abusivismo») ed ha scelto la linea dura. «Quell' hangar va sequestrato - dice -. Se non provvederà il sindaco, come ha promesso, lo chiederemo noi alla magistratura». Ieri pomeriggio, a dire il vero, sigilli alla struttura non ce n' erano e i dipendenti del porto (22 in tutto) erano regolarmente al lavoro. Quanto al sindaco, Lorella Lavo, si è trincerata nel silenzio: «Su questa vicenda non ho nulla da dire». Proprio lei, che un mese fa aveva scritto una lettera aperta ai concittadini per lamentarsi dell' eccesso di autorizzazioni rilasciate dalla precedente amministrazione (scaduta nel 2006). Eppure di cose da spiegare ce ne sarebbero parecchie. Perché un intervento presentato una prima volta alla Soprintendenza nel settembre 2005 e bocciato il dicembre successivo, poi ripresentato a dicembre 2006 e ribocciato a febbraio 2007 infine ritrasmesso come sanatoria a maggio 2007 e cassato a luglio è stato comunque realizzato? E come mai la Dichiarazione di inizio attività presentata dall' impresa costruttrice a dicembre 2005 e approvata dagli esperti ambientali del Comune non è stata poi, come prescrive la legge, trasmessa alla Soprintendenza? Proprio questo è uno dei punti ai quali si attacca Adriano Bortolotti, progettista e proprietario dell' hangar: «Tutto l' intervento sul porto è stato fatto in project financing con il Comune. Abbiamo avuto innumerevoli riunioni e ispezioni . Se ci fosse stato qualcosa che non andava, penso che ce l' avrebbero detto. Per questo siamo andati avanti con i lavori, iniziati ad aprile 2006 e consegnati nel giugno scorso, con un investimento di 2,8 milioni di euro. E poi, siamo sinceri: io sono d' accordo nell' evitare le brutture di cui il Garda è pieno. Ma qui parliamo di una struttura in pratica tutta interrata». Anche per questo Bortolotti ha fatto ricorso al Tar. In attesa della battaglia legale, sia Rinaldi che gli ambientalisti indicano già un colpevole: la legge che ha affidato ai Comuni e ai loro esperti ambientali le autorizzazioni paesistiche. Quella legge dovrebbe essere cambiata entro maggio 2008. Ma, nel paese delle proroghe, chissà.

mercoledì 10 settembre 2008

SIRMIONE. In vista del piano di governo del territorio gli operatori presentano le loro idee.

Pgt, ecco le proposte degli albergatori. Stop a nuovi hotel, ma più volumetrie per gli esistenti. La replica del Comune: «Richieste contraddittorie». Maurizio Toscano Il piano di governo del territorio di Sirmione comincia ad entrare nel vivo. Dopo la lunga parentesi occupata dalla presentazione pubblica delle sue linee guida da parte della giunta, il pgt comincia a suscitare le prime polemiche. Ad accendere le polveri di quello che si preannuncia a Sirmione un vespaio per via dell’intreccio di tanti interessi, è la proposta della locale associazione albergatori e ristoratori giunta sul tavolo del sindaco. Se non si può parlare ancora, infatti, di scontro tra le due posizioni, le divergenze di vedute, queste sì, sono notevoli. Come confermato dal presidente della categoria, Carlo Dalle Vedove, le proposte sono state frutto di una serie di incontri con gli associati che «hanno espresso la ferma volontà di rivedere alcune norme urbanistiche e migliorare la viabilità». Ma a testimoniare questa iniziale contrapposizione c’è la dichiarazione dell’assessore all’urbanistica, Pier Luigi Bianchi, che sottolinea come «l’amministrazione è pronta e disponibile a misurarsi con l’associazione ma è evidente però che, se l’obiettivo da tutti condiviso è quello di limitare nel nuovo pgt ulteriori insediamenti edificatori, da questo ne deriva che alcune scelte sono consequenziali e questo valga per tutti i cittadini e tutte le categorie di Sirmione». Parecchie sono, infatti, le proposte che hanno fatto storcere il naso a Bianchi. «Noto in queste proposte qualche contraddizione – rileva infatti l’assessore - come il chiedere da un lato di non modificare la capacità insediativia con aree per nuovi alberghi e contestualmente chiedere un incremento, per quanto riguarda l’indice di edificazione, delle strutture già esistenti; oppure chiedere, se si è già superato l’indice proposto, un ulteriore incremento pari al 20% della superficie lorda di pavimento. Lascia inoltre francamente perplessi la richiesta di consentire la modifica della destinazione d’uso di immobili residenziali alberghieri, solo se confinanti con strutture già esistenti». Il pacchetto di proposte, a detta di Bianchi, contiene, tuttavia, alcuni punti da verificare, «come nel caso di ampliamenti degli interrati che però potranno essere valutati nei limiti della struttura dell’edificio e non di quelli della proprietà». Altra proposta «discutibile» dell’associazione per Bianchi è infine quella di «ottenere un incremento volumetrico per passaggio a categorie superiori e contestualmente la richiesta di trasformare le strutture turistico ricettive esistenti in residenziali».

fonte bresciaoggi.it, 24 agosto

martedì 5 agosto 2008

1992: "SOS Garda, troppe seconde case". 15 anni di follia.


Articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 31 maggio del 1992.


Mentre un' indagine mette sotto accusa i piani regolatori, i docenti del Politecnico chiedono maggiori controlli.

Garda cementificato. L' allarme viene dalle piccole capitali del turismo: sul piu' grande lago italiano, i cittadini denunciano l' invasione di seconde case, residence, appartamenti e condomini. A cominciare dalla Valtenesi e da Padenghe, dove nella zona retrostante il complesso "West Garda" si sprecano le lamentele contro le nuove lottizzazioni. Altre colate di cemento stanno per arrivare in zona Ronchetta, sempre a pochissima distanza dalle acque. Mentre l' insediamento di ben 17 capannoni artigianali nella valletta di San Rocco viene definito "uno scempio". "Altro che Valtenesi verde . commenta il dottor Mario Pizzatti, consigliere dc di minoranza a Padenghe .. Qui si progetta di trasformare in area industriale una conca incontaminata. Ma ci preoccupano anche gli enormi condomini della piazza, i nuovi insediamenti di West Garda e le case che occuperanno la vasta zona verde vicino al lido di Lonato". "E uno scempio in piena regola . aggiunge Lucio Vezzola, altro consigliere dc . anche se perpetrato rispettando il piano regolatore". La protesta si e' estesa a tutta la Valtenesi. "Mai viste tante gru", dice Tullio Ferro, scrittore, pittore e giornalista di Desenzano. Contro l' avanzata del cemento hanno clamorosamente protestato nei giorni scorsi 127 cittadini della riviera: "Giocheranno sui tetti, i nostri bambini?", hanno chiesto in una lettera aperta al sindaco. Gli abitanti del quartiere delle Grezze lamentano in particolare la sparizione di un' area verde di circa 4 mila metri quadrati: verra' occupata da 36 appartamenti. "L' edificazione avviene in base ai piani regolatori approvati dai Comuni e dalla Regione", si difende il sindaco di Desenzano, Bruno Croveglia. La sua posizione e' condivisa da tutti i colleghi. Ma la splendida regione gardesana rischia cosi' di compromettere le sue ricchezze: l' ambiente e il paesaggio, base di un business turistico da 2.500 miliardi l' anno. Una conferma della cementificazione viene da una puntigliosa indagine del dottor Alberto Anselmi, segretario della Dc di Rivoltella. Nel decennio ' 80.90, solo a Desenzano, sono state rilasciate 2.436 licenze. E mentre la popolazione residente e' cresciuta solo di 889 unita' , i 2.436 appartamenti possono ospitare oltre 7 mila persone. Dunque, un esercito di seconde case: tra Desenzano e Sirmione se ne contano circa 10 mila. L' allarme e' rilanciato da uno studio dell' Associazione bresciana di ricerche economiche: il 48 per cento dei monolocali costruiti in tutta la provincia nel 1991 e' sorto nelle immediate vicinanze del Garda. "Per salvare il lago . hanno poi ammonito i decenti del Politecnico di Milano . occorre varare un unico piano paesaggistico, che coordini gli strumenti urbanistici comunali". "L' ambiente e' la nostra principale ricchezza . conclude Marcello Maruti, presidente dell' Apt di Brescia .. Bisogna tutelarlo nell' interesse di tutti". Ennio Moruzzi

lunedì 4 agosto 2008

Via alla raccolta firme per il «Parco del Garda»

Le associazioni rilanciano dopo il grido d’allarme di Legambiente Alto Lago.
Una legge di iniziativa popolare per la costituzione di due parchi regionali in Lombardia e in Veneto. È questa la proposta di alcune associazioni ambientaliste che stanno investendo le proprie energie in un ambizioso progetto: la nascita del “Parco del Garda” che comprenderà i comuni del lago e dell’entroterra da Salò ad Affi. Dopo le denunce di Legambiente sull’edilizia selvaggia sulle sponde del Benaco, interviene Emilio Crosato, riconfermato alla guida del comitato “Parco delle Colline Moreniche del Garda”.«Occorre mettere un limite alle nuove costruzioni - spiega - non solo per tutelare il paesaggio ma anche per i servizi che rischiano di diventare insufficienti. Mi riferisco per esempio alla raccolta dei rifiuti, ai liquami e ai problemi di viabilità». Per far fronte a queste nuove emergenze, il comitato ha deciso di fare squadra con le altre associazioni delle province di Brescia, Mantova e Verona in vista di un unico obiettivo: la nascita del Parco del Garda che comprenderà 18 comuni bresciani e 16 veronesi, a cui vanno aggiunti gli 8 mantovani che fanno già parte del parco del Mincio. Un’unica grande area, da Salò ad Affi fino ad arrivare al parco dell’alto Garda di cui fanno parte i comuni di Malcesine e Torri del Benaco. Si andrà così a tutelare l’area morenica di circa 120mila ettari abitata da oltre 300mila abitanti. Entro la fine della settimana si arriverà al testo definitivo della proposta di legge per poi partire con la raccolta delle firme a metà agosto. In questa impresa il comitato è supportato da un centinaio di associazioni del territorio. In Veneto si collabora anche con l’associazione “Salva Valpolicella” che raccoglierà le firme per la costituzione di un parco analogo. Il comitato è legato anche la campagna “Garda pulito, Mincio vivo” per interrompere lo scarico del depuratore di Peschiera nel fiume Mincio, le cui acque sono le più inquinate tra quelle analizzate da Legambiente. Sottolinea Crosato che «per sensibilizzare gli abitanti il prossimo anno organizzeremo una mostra itinerante nei comuni delle province di Brescia, Mantova e Verona. Esporremo foto storiche e attuali per vedere le trasformazioni del territorio avvenuti in questi ultimi 50 anni».

Sara Mauroner tratto da Bresciaoggi

venerdì 25 luglio 2008

Il Garda appare infestato dalla criminalità organizzata.

L’INCHIESTA. Svolta nelle indagini sugli incendi al Sesto Senso e all’Lm House. Arresti per lesioni, sequestro di persona e porto illegale di arma. L’ombra del racket.

Erano convinti che l’incendio nel loro locale, il «Lele Mora House», fosse stato ordinato dal titolare del Sesto Senso, l’altro locale di spicco del Garda distrutto dalle fiamme il 22 aprile scorso. E hanno pensato bene di organizzare una spedizione punitiva, di minacciare due persone e di pestarne una terza per far confessare il nome del colpevole. Non hanno ottenuto alcuna confessione, ma solo un’ammissione estorta a suon di calci e pugni che non ha alcun valore, ma in compenso sono riusciti a finire nei guai. Erano controllati e intercettati e per loro sono scattate le manette. Nelle intercettazioni le «confessioni» e anche il vanto per come i minacciati chiedevano pietà.

CON L’ACCUSA di sequestro di persona, lesioni, detenzione e porto abusivo di arma ieri mattina sono finiti in carcere due noti imprenditori, Leo Peschiera e Piervittorio Belfanti, residente a Marmirolo in provincia di Mantova e all’epoca del rogo socio di maggioranza del «Lele Mora». Gli stessi reati sono contestati anche a Mario Stefano Sacco, 38 anni, residente a Milano, Carmelo Anastasi, 45 anni, di Pozzolengo e Salvatore Aiello, 34 anni, residente a Desenzano, tutti impegnati nella gestione del Lele Mora House, dopo la cessione delle quote di maggioranza da parte di Belfanti. Le ordinanze di custodia cautelare chieste dal sostituto procuratore Silvia Bonardi e concesse dal gip Silvia Milesi, sono state eseguite ieri mattina dagli uomini della squadra Mobile che hanno effettuato l’indagine con la collaborazione della Guardia di Finanza.Mobile e Gico hanno anche sequestrato alcune pistole che Peschiera deteneva con regolare porto d’arma. In manette è finito anche Felice Cangiano, 41enne residente a Castelgoffredo in provincia di Mantova, responsabile del parcheggio del Sesto Senso. A Cangiano è contestato il reato di concorso nel tentativo dell’incendio del «LmHouse».

PER IL TENTATIVO di incendio nella notte del 23 aprile, qualche giorno dopo era finito in manette Ciro Aricò, pizzaiolo napoletano di 38 anni: l’uomo era stato immortalato da una delle ventidue telecamere poste a sorveglianza del locale notturno. Davanti a una telecamera era passato ben quattro volte. Riconoscerlo non è stato difficile, nè per le forze dell’ordine, nè per il gruppo del «LMHouse» che l’ha rintracciato prima delle forze dell’ordine e l’ha minacciato e fatto parlare. È stato Aricò a fare il nome di Cangiano, il responsabile del parcheggio: «È stato lui a incaricarmi di appiccare l’incendio» avrebbe detto agli uomini del locale notturno rivale. A Belfanti la procura contesta anche il reato di tentata estorsione. Dopo il pestaggio e le minacce, infatti, Belfanti e company avevano anche fissato un incontro nella piazzetta di Desenzano con il titolare del Sesto Senso. Lo avevano atteso con pazienza e con tono amichevole avevano chiesto all’imprenditore ben 100 mila euro per risarcire il danno d’immagine. Ma non solo. Il gruppetto ha anche cercato di «ammansire» il titolare del Sesto Senso, spiegando che era meglio, alla riapertura del locale, lavorare insieme. L’operazione «Burning» ha fatto finire in cella i responsabili della spedizione punitiva, ma agli inquirenti resta il rammarico di non aver ancora risolto il «giallo» dell’incendio al Sesto Senso. «Le indagini per i due incendi - ha commentato il procuratore Fabio Salamone nel corso della conferenza stampa - hanno fatto emergere una realtà gravissima». Il Garda appare infestato dalla criminalità organizzata e le vittime - ha precisato il pm Bonardi - «sono omertose». Fonte bresciaoggi.